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Il 50º Premio Acqui Storia all’insegna della sobrietà (VIDEO)

Acqui Terme. Ci voleva l’edizione numero cinquanta per riportare alle sue origini il Premio Acqui Storia. Cancellate le passerelle ad ogni costo di belli e famosi, ecco che la serata di gala, svoltasi sabato 21 ottobre all’Ariston, è stata veramente un momento di riflessione sulla storia. Quella relativa alla Divisione Acqui trucidata dai nazisti nel 1943 a Corfù e Cefalonia. E non importa, come ha detto il sindaco Lorenzo Lucchini, proprio ad inizio di serata dal palco «se a morire sono stati 2000 o più soldati» andando oltre alle polemiche, anche recenti, su quante siano state veramente le vittime dell’eccidio, «ciò che conta è come». Trucidati appunto, come ha avuto modo di raccontare il signor Gino Marchesin, 94 anni, reduce, anzi sopravvissuto a quella tragica pagina di storia. «A salvarmi è stata la furbizia – ha raccontato con la voce rotta dall’emozione – vedevo volare gli aerei tedeschi a pochi metri da terra e sparare. Noi avevamo dei miseri fucili. Potevamo fare veramente poco ma non abbiamo mollato».

Veneziano, prima mandato in Albania e solo dopo la firma dell’Armistizio l’8 settembre del 1943 a Corfù, Gino Marchesin ha raccontato di essersi salvato indossando uno degli elmetti utilizzati per cuocere i pochi fili di pasta che venivano cucinati nel campo di prigionia per combattere la fame. «Non ci davano nemmeno un pezzo di pane e avevamo tanta paura. Ho visto morire uno dopo l’altro moltissimi dei miei compagni. È una cosa che non si può descrivere…».

Nella gremita sala dell’Ariston, durante questo racconto non si è sentita volare una mosca. Mai come in questo caso, la platea ha ascoltato ciò che veniva scandito sul palco grazie anche alle parole di un commosso Roberto Giacobbo, per la prima volta presentatore della manifestazione. A lui il signor Gino ha regalato il libro che racconta la sua storia. Un libro dal titolo “Io prigioniero di Hitler” che merita, al pari degli altri libri premiati, di essere letto. Anche dai giovani.

Ma che questa edizione del Premio, l’ultima organizzata da Carlo Sburlati, premiato dall’amministrazione comunale per il lavoro svolto in questi 11 anni, fosse contro la tendenza degli ultimi anni, lo si è potuto notare anche dai libri scelti come vincitori. Fra i quasi duecento volumi pervenuti alla segreteria del Premio, a spuntarla sono stati:

– Andrea Wulf con il volume “L’invenzione della natura. Le avventure di Alexander von Humboldt, l’eroe perduto della scienza”, Luiss University Press, per la sezione storico-divulgativa;
– Roberto Roseano, con “L’ardito”, Itinera Progetti Editore per la sezione del Romanzo Storico;
– Hubert Heyriès con il volume “Italia 1866. Storia di una guerra perduta e vinta”, Il Mulino nel settore scientifico.

Sul palco, nel pomeriggio di sabato, sono saliti anche i testimoni del tempo Massimo Fini, giornalista e scrittore e l’ex ministro dei Lavori Pubblici Nerio Nesi. Il Premio speciale “Alla Carriera” è stato conferito a Domenico Fisichella, professore all’Università di Firenze, alla Sapienza ed alla LUISS di Roma, vicepresidente del Senato e ministro dei Beni Culturali e Ambientali.

Gi. Gal.

Su L’Ancora n.40 del 29 ottobre 2017, gli interventi sulla 50ª edizione del Premio Acqui Storia, a cura di:
– Carlo Sburlati (Acqui Storia, premio povero ma autorevole),
Giulio Sardi (Acqui Storia più serio, senza vip, si volta pagina. L’edizione più riuscita degli ultimi anni; L’incontro degli studenti delle superiori con i vincitori)
Vittorio Rapetti (Ma la pace è possibile?)

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