Cairo M.tte

La vicenda dell’Epaminonda velato raccontata da Mario Capelli Steccolini

Cairo M.tte. Riceviamo e pubblichiamo questa lettera aperta inviataci dallo scultore cairese Mario Capelli Steccolini relativa alla sua personale intitolata “Sfumature di classico”, ospitata nel Foyer del Teatro Comunale.

«Cairesi, la mostra volge al termine e, devo ammetterlo, non ha avuto il gran successo che speravo nel “farmi pubblicità”. Peccato perché a detta di chi l’ha vista, è raro trovare in un colpo solo statue classiche di marmo, mosaici e pitture. C’è stato perfino chi ha proposto al sindaco di lasciare sempre così l’atrio del teatro.

Ne esco con le ossa rotte per una dichiarazione infelice fatta da chi avrebbe dovuto proteggerli e invece ha dato credibilità assoluta agli arabi.

C’è una foto fatta e data da un estraneo a tutti i giornali, dove si vede chiaramente cerimonieri arabi posare davanti ad Epaminonda umiliato, interamente coperto da un drappo rosso. Accettiamo per vera la loro verità edulcorata che volevano riprodurre le dune del deserto; ma come si sono permessi di venire qui a mettere le mani addosso all’unica statua di marmo della città scolpita da un grande artista dell’800 (G. Dini) che ha grandiosi monumenti sulle piazzette e vanto di città come Torino, Asti, Novara, Cuneo, Genova, Londra. ecc.. Non avevano altro modo? Se è scoppiato un gran caos almeno avranno capito che ci devono rispettare.

Avrei dovuto chiamare giornalisti e televisione, invece, sbigottito, ho semplicemente postato una foto su Facebook. Sono stati giornalisti e tv nazionali ed estere a fare la fila per sapere di più, fomentare, salvo poi qualcuno, servile, accusarmi. Ma per fortuna mia c’è quella foto, il DNA della vicenda. Chissà cosa si sarebbe detto e scritto se non mi fosse venuto in soccorso quella foto, però a quel punto sarebbero partite querele.

Per quanto riguarda il dipinto della donna nuda, seduta e di schiena, è stata un po’ colpa mia nell’offrirmi ad assecondare un loro desiderio. Ma col senno di poi non l’avrei tolto».

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