Diocesi

Siria: dalla violenza della guerra alla speranza

Serata con il vescovo di Aleppo il 10 ottobre al Nuovo Ricre

Acqui Terme. Ha destato molto interesse l’evento organizzato dalla Caritas diocesana, all’interno del progetto “Non di solo pane ma anche…” finanziato dalla CEI nell’ambito della campagna “Liberi di partire, liberi di restare”, in collaborazione con CrescereInsieme scs onlus, Maramao scas e Azione Cattolica diocesana.

L’evento, organizzato nel salone mons. Principe del Nuovo Ricre, recava il titolo “Siria specchio dell’umanità”, con il sottotitolo “il percorso dalla violenza della guerra alla speranza”. Testimone d’eccezione mons. Antoine Audo s.j., vescovo caldeo di Aleppo e della Siria, presidente della Caritas siriana.

Questo il testo dell’intervento di mons. Audo:

« Siria: specchio dell’umanità

  1. La violenza della guerra, i suoi effetti dopo 8 anni di conflitto

Io vengo da Siria, culla del cristianesimo, dove, alle porte di Damasco, l’apostolo Paolo incontra il Cristo e riceve il battesimo dalle mani di Anania.

Io vengo dalla Siria dove, ad Antiochia, e all’alba dell’annuncio del vangelo, i primi credenti ricevettero il nome di “cristiani”.

Io vengo dalla Siria dove, un bel mosaico di chiese (ortodosse, cattoliche, protestanti), di ritualità liturgiche (armeni, bizantini, siriaci, caldei, latini), di tradizioni teologiche ed etniche diverse, vivono insieme e sono fiere di rendere testimonianza della loro fede in mezzo ad una maggioranza mussulmana, e ad un popolo duramente provato.

Io vengo dalla Siria, dove la guerra, dopo 8 anni, ha fatto milioni di vittime. Su una popolazione di 23 milioni di abitanti, possiamo contare

  • 5 milioni di rifugiati nei paesi limitrofi (Turchia, Libano, Giordania)
  • 7 milioni di sfollati all’interno del paese
  • 2 milioni di bambini senza scolarizzazione
  • 2 milioni di persone emigrate in occidente
  • Più di mezzo milione di persone uccise
  • Migliaia di persone mutilate

Per tutto questo, sono grato di poter condividere con voi, in questa occasione, le preoccupazioni e le speranze di un pastore che viene da Aleppo in Siria, questa regione così tormentata e sofferente.

Quello che sta succedendo in Siria da più di 8 anni, ha tutte le caratteristiche del caos: distruzione, confusione, mistificazione della realtà, e l’elenco può continuare, con negazione della dignità umana, sofferenza, violenze di tutti i tipi, corruzione economica e morale, e potrei continuare a lungo su questa scia, ma credo che gli effetti negativi di una guerra siano facilmente immaginabili da tutti.

Mi concentrerò sull’analisi dei perchè di questa guerra, questo credo che possa aiutarci a comprendere meglio, non solo la situazione siriana e del medio oriente in generale, ma anche di riconoscere certe dinamiche comuni un po’ a tutti i paesi occidentali.

Intanto, questo conflitto trova delle motivazioni che potremmo definire di carattere locale, altre più a livello regionale e poi motivazioni esplicabili solo da strategie politiche internazionali.

  • Livello regionale: parliamo della tensione e dei vari conflitti generati in medio oriente dalla lotta interna all’Islam tra sunniti e sciiti, che vede in primo piano l’antagonismo politico tra l’Iran (sciita) e l’Arabia Saudita (sunnita), attraverso il sostegno, anche economico di gruppi armati che pretendono di avere l’egemonia islamica. Questo è un aspetto nevralgico che ha caratterizzato tutta la storia dell’islam a partire dalla successione di Maometto, e che oggi in modo particolare è strumentalizzato ed esasperato da fini che potremmo definire politici ed economici, ma sicuramente non soltanto religiosi.

A mio avviso, una delle sfide dell’islam, sarà proprio quella di affrancarsi dalla strumentalizzazione politica, sfida che va di pari passo con quella del confronto con la modernità e con le sue provocazioni, che sembrano minare la sua struttura religiosa in profondità.

  • Livello internazionale: un secondo elemento, probabilmente quello predominante, è sicuramente quello economico e strategico perseguito dalle grandi potenze mondiali (Russia e Stati Uniti) e dai loro alleati. E’ certo che le riserve di gas e di petrolio del medio oriente rappresentano delle risorse che tutti vorrebbero controllare. Inutile sottolineare il loro coinvolgimento nella guerra siriana attraverso finanziamenti, rifornimento di armi e di forze militari con un arsenale bellico di primissimo ordine. Il pretesto è quello della democrazia e della tutela dei diritti umani, ma ciò che i siriani hanno visto sono le manovre economiche e le basi militari a presidiare le varie zone di interesse.
  • Il terzo livello è quello locale: il luogo dove si svolge la guerra, proprio la Siria, ci sono varie dinamiche interne, che hanno reso possibile l’azione distruttiva delle dinamiche regionali e internazionali. Dal nostro punto di vista, come siriani e cristiani, le dinamiche interne sono l’aspetto religioso (lotta tra sunniti e sciiti-halawiti, relazione tra cristiani e mussulmani) e l’aspetto economico (reclutamento di mercenari, finanziamento e strumentalizzazione dei gruppi politico-religiosi più estremisti). Queste sono le dinamiche all’opera in Siria, paese forte e capace di resistere alla grande pressione distruttiva in corso, e fragile perchè frenato dai vari interessi di parte:

-sunniti, sciiti, alauiti, ismaeliti, druzi, curdi, tcherkesses (ceceni mussulmani)

-cristiani ortodossi (bizantini, siriaci, armeni) e cattolici(bizantini, siriaci, armeni, latini, caldei e maroniti)

-regime militare, partito unico al potere, corruzione

-gruppi armati di estremisti islamici che hanno cercato di portare il conflitto sul piano esclusivamente religioso, per fortuna piano fallito perchè sia il governo che la stragrande maggioranza della popolazione non sono caduti nella trappola.

Gli effetti di tutto questo, sono visibili e documentabili:

-Le principali città della Siria quasi completamente distrutte dai bombardamenti, più del 60% degli edifiici di Aleppo e più del 70% a Homs(la seconda e terza città della Siria per grandezza e importanza).

-distruzione di 5 cattedrali ad Aleppo (armena cattolica e ortodossa, maronita, greco cattolica e siriaco cattolica) oltre ad altre chiese

-distruzione della più grande moschea di Aleppo e più antica della Siria oltre ad altre moschee

-35 villaggi assiro-caldei distrutti nel nord-est del paese ai confini con l’irak, che si aggiungono a quelli irakeni della pianura di Ninive distrutti in precedenza durante la guerra in Irak

-attacchi ai centri tradizionalmente cristiani (Malula, Sednaya, ecc) dove è ancora parlata la lingua aramaica, per chi non lo sa, la lingua parlata da Gesù.

-distruzione di siti archeologici come Palmira, Der el Zor, Mar Semaan (San Simeone) Raqqa.

-rapimento di 2 vescovi ortodossi, uccisione di diversi sacerdoti, di 2 imam per aver manifestato il loro dissenso alla violenza degli estremisti, del figlio del Mufti della Siria per il suo appoggio al governo siriano

Inoltre è sicuramente da considerare come effetto della guerra, l’indebolimento del tessuto sociale siriano in tutti gli aspetti, una forte migrazione dovuta alla mancanza di sicurezza e alla paura, e soprattutto per i cristiani dalla crescita di gruppi armati “in nome dell’Islam”, famiglie separate con figli che hanno lasciato il paese a causa del servizio militare, crescita della corruzione economica e soprattutto morale dovuta all’aumento della povertà generale, all’embargo economico occidentale e alla difficoltà di trovare mezzi dignitosi per vivere, assistiamo purtroppo alla crescita di mendicanti, soprattutto bambini, fenomeno quasi sconosciuto prima della guerra.

  1. Dalla violenza alla speranza, l’unico percorso possibile: la carità

A questo punto, da cristiano, non posso non intravedere le strade della speranza che si sono aperte grazie alla testimonianza di carità cristiana di tanti credenti e degli organismi delle chiese cristiane in Siria, che grazie al sostegno della comunità cristiana internazionale, hanno potuto mettersi al servizio della popolazione più sofferente: gli sfollati, i bambini, gli anziani, i nuovi poveri.

La Caritas, JRS (jesuit refugees service), GOPA (caritas ortodossa), sono le principali organizzazioni caritative cristiane  e vista l’impossibilità della presenza delle ONG internazionali( spiace dirlo, ma sempre più politicizzate), nei territori controllati dall’attuale governo, svolgono il lavoro di vere e proprie associazioni umanitarie, sovvenendo alle necessità di tutta la popolazione, senza distinzione etnica o religiosa attraverso progetti di aiuti materiali, distribuzioni alimentari, servizi medici, contributi scolastici, sostegno psicologico, formazione professionale per i giovani(cristiani e mussulmani) progetti di ricostruzione di abitazioni, e progetti di sostegno per gli anziani, in riferimento ai quali  posso citare proprio un progetto nato nella nostra chiesa caldea di Aleppo, con la collaborazione di un’associazione cattolica di Firenze (AGATA- SMERALDA). Si sono allestiti alcuni spazi per accogliere persone anziane sole, per permettere attraverso un luogo di ritrovo, di socializzare e di affrontare insieme la fatica di anni di guerra.

Oltre a queste principali organizzazioni possiamo trovare:

-comitato di beneficienza cristiano

-17 gruppi scout solo ad Aleppo per quanto riguarda l’aggregazione giovanile

-comunità di vita cristiana(CVX), Equipe Notre Dame, gruppi francescani, salesiani e maristi

Inoltre si possono trovare associazioni laicali in ambito sanitario, si può fare affidamento sull’aiuto delle famiglie emigrate ai loro parenti, e sulla solidarietà tra vicini

Quello a cui stiamo assistendo, sembra un vero e proprio miracolo di trasformazione e di apertura.

  • da parte dei cristiani: una nuova consapevolezza della propria presenza in Siria, se prima era come un circolo chiuso che pur facente parte della Siria, viveva sempre sulla difensiva, ora, seppur minoranza sempre più piccola, è allo stesso tempo più significativa nel percorso di rinascita del paese, la crisi della guerra ha portato i cristiani delle diverse confessioni a costruire un unica comunità per trovare la forza per affrontare la sfida della sopravvivenza, un nuovo sguardo verso i mussulmani meno sospettoso e più libero dai confessionalismi, soprattutto in ambito lavorativo e professionale, attraverso le azioni caritative tanti cristiani, per la prima volta, hanno iniziato a costruire relazioni di solidarietà e di prossimità con tanti mussulmani, ad Aleppo, per esempio attraverso visite sanitarie alle famiglie e agli anziani in stato di bisogno, costruzione di partenariato tra le equipe di Caritas, di JRS e di GOPA e di gruppi mussulmani nella realizzazione di progetti scolastici e medici, e sempre da parte di queste equipe che operano nella zona est, totalmente mussulmana, l’assunzione di alcuni giovani mussulmani tra le file degli operatori(qui si può mettere l’esperienza dei due giovani che lavorano nell’equipe di Ard Hamra). Questi sono atti di coraggio e fattori di novità per i cristiani, soprattutto di Aleppo, che in precedenza mostravano atteggiamenti viziati da una certa superiorità sociale e culturale nei confronti dei mussulmani.
  • Da parte dei mussulmani: si sta assistendo ad una trasformazione nel modo di vedere i cristiani, se i gruppi armati estremisti islamici non sono riusciti ad avere il sopravvento nella comunità islamica, è anche dovuto al fatto che la maggioranza dei mussulmani ha trovato ingiustificato tutto l’odio e la violenza verso i cristiani da parte di questi cosiddetti difensori del vero Islam, e questo proprio grazie alle testimonianze di solidarietà e di carità date dai cristiani e per certi aspetti inaspettate dai mussulmani. Se prima i mussulmani vedevano i cristiani come una realtà un po’ snob, qualcosa da tollerare ma senza grande stima, adesso c’è un atteggiamento di maggiore considerazione e anche di riconoscenza, posso dire per esperienza personale che tanti sono stati toccati nel cuore. Questo è probabilmente il vero miracolo, e il fatto che stia avvenendo proprio nel momento più critico della Siria, si può ben dire parafrasando Jacques Bossuets “Dio scrive diritto anche sulle righe storte degli uomini”.

In questo percorso di speranza, si possono ancora citare iniziative di solidarietà provenienti dall’esterno della Siria, tante iniziative di preghiera, di solidarietà, di raccolta fondi in tantissime parrocchie, diocesi e associazioni della Chiesa, ci hanno fatto sentire non dimenticati, di far parte di una comunità di ampio respiro, i cui confini non coincidono con quelli delle nazioni. In primo luogo il grande lavoro di collaborazione coordinato da Caritas Internationalis che vede interessate principalmente le Caritas nazionali di tutta Europa, degli Stati Uniti, Canada e Australia, basti pensare che la maggior parte dei progetti di emergenza in Siria, sono stati sostenuti e finanziati attraverso i canali Caritas e quelli di JRS.

L’iniziativa del nunzio apostolico in Siria, il cardinale Mario Zenari, che ha favorito attraverso contatti e collaborazione con l’AVSI(associazione volontari servizio internazionale), la presa in carico dei tre ospedali cattolici in Siria, due a Damasco e uno ad Aleppo, aperti a tutti senza distinzione di appartenenza politica o religiosa e che in un paese in grande sofferenza per l’embargo, gli alti costi di cure mediche e di medicinali e l’emigrazione del personale medico, sono un vero spiraglio di luce nelle tenebre.

  1. Futuro del Paese e dei cristiani in Siria

Una delle prime cose che devo affrontare quando sono invitato a tenere conferenze in Europa, è il classico malinteso dovuto alla conoscenza superficiale della realtà del medio-oriente: il medio oriente è arabo e mussulmano. Lo definirei il malinteso originale, perchè su questo in tanti fanno giochi sporchi, è vero che si parla l’arabo e la cultura araba ha una forte influenza, ma intanto in medio-oriente non sono tutti arabi, e comunque gli arabi non sono tutti mussulmani. Ho detto questo perchè è proprio da qui che si apre la grande sfida che ci troveremo davanti, non solo in Siria, ma che riguarderà un po tutti quanti, perchè dalle risposte che sapremo dare e dal modo in cui affronteremo questo tempo, probabilmente si determinerà il futuro di tutto il mondo, non è un caso se Papa Francesco ha ripetuto più volte che in Siria si sta combattendo una vera e propria guerra mondiale nel territorio di una sola nazione.

Provate solo ad immaginare se fosse riuscita la strategia di trasformare questo conflitto in uno scontro di religione vero e proprio, sia all’interno all’Islam che tra mussulmani e cristiani, le conseguenze catastrofiche, prima, in tutti i paesi a maggioranza islamica e poi in quelli a maggioranza cristiana, senza contare la presenza dell’ebraismo in Israele. Questa è una strategia che può portare tanti vantaggi a chi ha interessi da difendere e maturare e che continua a essere perseguita, per questo è necessario l’attenzione continua a non cadere in questa tentazione, e a creare situazioni e possibilità di dialogo e di pace.

Uno dei doveri che sento in quanto vescovo di una minoranza nella minoranza che sono i caldei in Siria, è quindi quello di sviluppare due idee che mi sono care e che si radicano nelle dichiarazioni del Concilio Vaticano II.

La prima viene dalla suggestione del Concilio a tutti i membri della Chiesa, a pensare alla loro presenza nel mondo mussulmano come una dinamica di comunione, prima tra gli stessi cristiani, e poi tra cristiani e mussulmani

In primo luogo, l’espressione “insieme diventare cristiani” ci può guidare in un dialogo ecumenico che ricerca l’unità nella sequela di Cristo, per essere discepoli inviati nel mondo come gli apostoli al fine di annunciare la buona novella del Vangelo “voi siete amati da Dio, non abbiate paura”.

In secondo luogo, con i differenti gruppi di mussulmani, ho a cuore di approfondire l’espressione “insieme diventare cittadini”, un compito non facile, ma che i cristiani del medio-oriente cercano di promuovere sperando nella possibilità di più libertà religiosa e di rispetto delle differenze.

Su questi due piani differenti di vivere insieme, devo riconoscere come già accennato in precedenza che in questa Siria così colpita dalla violenza, i cristiani hanno saputo dare un esempio rimarcabile di solidarietà e di servizio ai più poveri senza discriminazione. Questo ha suscitato l’attenzione e l’interrogazione dei mussulmani faccia a faccia con la fede dei cristiani.

Potrei citare decine di testimonianze di ringraziamento e riconoscenza da parte dei mussulmani, soprattutto da parte di quelli che sono stati aiutati ad affrontare operazioni medico-chirurgiche, ma a titolo di esempio, mi limiterò a una testimonianza che mi ha colpito particolarmente.

Un povero mussulmano anziano accovacciato contro il muro della chiesa caldea dove si trova l’ufficio della Caritas siriana, mentre attendeva di ricevere la borsa di alimenti, vedendomi passare con la talare e la croce pettorale al collo, si alza improvvisamente davanti alla gente in attesa, tutti mussulmani, e comincia a dire ad alta voce: “adesso noi sappiamo chi sono i cristiani! Sono del vero oro, non sono dell’oro falso”.

Per me è stato come un gesto profetico, che resta nel mio cuore e nella mia coscienza. Un gesto indelebile di speranza per dei cristiani, un gesto di speranza in un inferno di violenza».

 

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