Cairo M.tte

L’incredibile dossier Acna di Cengio

Incontro di studio organizzato dal prof. Macciò dell’Istituto Patetta

Cairo Montenotte. Era l’11 maggio del ’79, All’Acna di Cengio salta in aria un intero reparto: 2 morti, 9 feriti, danni ingenti. Nessuno ha mai pagato per la tragedia. Se ne parlerà mercoledì 7 novembre presso la scuola di Polizia Penitenziaria di Cairo Montenotte, nel corso di un ‘incontro di studio – lezione aperta’, mercoledì 7 novembre, dalle 9,30 alle 13. Oltre al prof Macciò, Luigi Pregliasco, Pasqualino Adriano Tardito e l’ing. Fulvio Porta.

Sarà un incontro davvero interessante sulla vicenda Acna ormai destinato agli annali storici, ma sempre attuale.

Il comunicato stampa dell’Istituto Patetta, redatto dal prof. Massimo Macciò

“Questa è una storia che contiene molte altre storie. La prima è una storia esplosiva: l’11 maggio 1979, alle tre e un quarto del mattino, il reparto “Cloruro di Alluminio” della ACNA di Cengio salta letteralmente in aria, con un botto che si sente fino a Ceva. Degli undici addetti che in quel momento sono al lavoro nel forno numero quattro, due operai – Aurelio Moro e Alberto Poggio – ci lasciano la pelle; gli altri se la cavano con ferite più o meno gravi.

Perché è scoppiato lo stabilimento? Qui comincia il consueto balletto di dichiarazioni: dei lavoratori, che in ordine sparso parlano di mancanza di manutenzione in un reparto lasciato a sé stesso, e dei vertici della fabbrica, i quali lasciano intendere che a far scoppiare il reparto è stato un attentato: una “causa esterna”, che è come dire che l’azienda non ha nessuna responsabilità.

Ma questa è anche una storia operaia: il Consiglio di Fabbrica, infatti, pretende di condurre un’inchiesta interna tra tutti gli addetti al “Cloruro di Alluminio” per tentare di capire che cosa sia veramente successo e quali siano le condizioni di lavoro nel gruppo. La direzione dell’ACNA, che non vede bene l’iniziativa, ha qualcosa da farsi perdonare: ancora una settimana prima dello scoppio, infatti, aveva assicurato che nel reparto non vi erano problemi di sicurezza. Alla fine il sindacato riesce a spuntarla: l’inchiesta si fa.

La seconda storia parte da un bloc-notes con la copertina rossa: è lì che nell’ultima settimana di maggio del ’79 due membri del Consiglio di Fabbrica annotano quello che dichiarano i loro colleghi di reparto. Molti rispondono in gruppo e quasi nessuno vuole che sia fatto il proprio nome, per paura di possibili ritorsioni della direzione. Ma in quel bloc-notes c’è il racconto di tutto, o quasi tutto, quello che è successo: gli istanti immediatamente precedenti lo scoppio, le denunce di scarsa manutenzione, le storie nascoste di altre esplosioni vicine e lontane, spesso nascoste o minimizzate dall’azienda, l’acqua di raffreddamento che forse va dove non dovrebbe andare, la necessità di bucare e tappare continuamente il forno per far uscire il materiale di risulta. E ancora: le contraddizioni degli operai, che talvolta dichiarano l’uno il contrario di quanto l’altro ha appena affermato; il racconto di un sistema di lavoro dove i pani di alluminio devono essere gettati dagli operai nel forno con la schiena rivolta alla bocca del fusore per evitare il rischio di bruciarsi gli occhi e la faccia, e molto altro ancora.

La terza è la storia del processo a quattro quadri tecnici dello stabilimento di Cengio, imputati a vario titolo “per imprudenza, negligenza ed inosservanza delle norme atte a salvare l’incolumità personale degli operai” di disastro e omicidio plurimo colposo. Il processo sta per partire nell’82 ma viene rimandato “per ulteriori approfondimenti”: si aprirà solo ad aprile dell’85.

Da quel momento inizia una vicenda di perizie e controperizie in cui intervengono giovani consulenti di belle speranze e luminari a livello mondiale, e qui bisogna capirsene di chimica: di fusori, di gorgoglii, di valvole by-pass che forse sono la causa di tutto e forse non c’entrano nulla, di misteriosissime polveri di alluminio incombusto che per alcuni hanno provocato l’esplosione e per altri non esistono, di cloro al vento nelle campagne cengesi e di un operaio, rimasto ignoto, che avrebbe chiuso la valvola by-pass del cloro, causando l’esplosione e lo sconquasso successivo. Chi, quando e perché? Non si sa. Per i periti, comunque, è l’unica conclusione possibile mentre il luminare della difesa contesta ad alzo zero l’ipotesi (che pure è favorevole gli imputati) e impartisce ai giudici una lezione di chimica alla fine della quale torna d’attualità il fantomatico attentato.

La quarta è la storia dell’assoluzione dei quattro tecnici “per non aver commesso il fatto”. È la storia di una sentenza scontata e probabilmente corretta, ma è anche una storia malinconica, perché lo stesso tribunale deve riconoscere che “il risultato dell’indagine può risultare certo in sé stesso inappagante. Sia nei confronti delle esigenze di giustizia poste da fatti gravemente lesivi dell’integrità personale degli addetti a lavorazioni pericolose, sia di fronte alla legittima aspettativa della conoscibilità della realtà fenomenica affidata alla ricerca scientifica”. Insomma: si sa chi non è stato ma non si sa chi è stato. A tutt’oggi le cause dell’esplosione non sono state definitivamente chiarite.

E il bloc-notes? Quello viene dimenticato quasi subito: a fine maggio del ’79 il consiglio di fabbrica stila una relazione che viene presentata (non senza qualche mugugno interno) alla direzione che neanche se ne accorge. L’ACNA ha risarcito i feriti e i parenti delle vittime: di quello che gli operai hanno dichiarato nel famoso bloc-notes si dimenticano quasi tutti.

Quasi tutti, appunto. A distanza di quasi quarant’anni l’inchiesta del consiglio di fabbrica verrà presentata mercoledì 7 novembre nell’Aula Magna della Scuola di Polizia Penitenziaria di Cairo Montenotte, dove l’Istituto di Istruzione Superiore “Federico Patetta” organizza una lezione aperta sul tema: “La sicurezza sul lavoro in Valbormida: testimonianze e prospettive”.

Di fronte agli studenti del triennio superiore ITIS e IPSIA della scuola cairese Luigi Pregliasco e PasqualinoAdriano” Tardito, i due membri del Consiglio di Fabbrica che intervistarono i colleghi nelle convulse giornate immediatamente successive all’incidente, ripercorreranno quanto è accaduto nel reparto del Cloruro di Alluminio nella notte dell’11 maggio ‘79 e presenteranno per la prima volta l’inchiesta del Consiglio di Fabbrica, rimasta finora inedita. Sarà quindi l’occasione per sentire dalla viva voce degli operai il racconto di una tragedia forse inaspettata e forse colpevolmente sottovalutata (e magari per scoprire finalmente quali sono state le cause reali dello scoppio) nonché per riflettere sulla storia del sindacato all’ACNA e in Valbormida negli anni ruggenti dell’industria italiana. Ma sarà soprattutto l’occasione per approfondire il discorso della sicurezza in fabbrica nel passato e nel presente, e discutere dello stato attuale e delle recentissime novità in materia di sicurezza, un argomento oggi più che mai attuale a livello nazionale (720 vittime in un anno in Italia) e ancor più in Valbormida, come dimostrano le tragiche vicende dei due operai morti a distanza di pochi mesi a Altare e a Cosseria.

Sarà, insomma, un’opportunità per gli studenti e per gli interessati (l’incontro è aperto a tutti) per misurare l’evoluzione della normativa in materia di sicurezza in Italia e, contemporaneamente, per misurare lo scarto tra teoria e realtà in un territorio dove troppo spesso la sicurezza è sacrificata sull’altare della precarietà”.

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