Acqui Terme

Fauna selvatica, il confronto Cia e Ispra

C’era anche Cia Alessandria in collegamento all’iniziativa di Cia Piemonte (presenti tutti i dirigenti delle province) che ha convocato, in videoconferenza, Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) per il parere sul tema della fauna selvatica. L’Istituto era rappresentato da Piero Genovesi, responsabile del Servizio per il coordinamento della fauna selvatica, mentre per Cia Alessandria c’erano il presidente Gian Piero Ameglio, il direttore Paolo Viarenghi e il responsabile Impresa Franco Piana.

Ad aprire l’incontro è stato il presidente regionale, il casalese Gabriele Carenini: «A livello piemontese la situazione è grave e lo segnaliamo da tempo. Anche a causa del lockdown si è registrato un enorme incremento degli ungulati e l’agricoltura si trova in stato di assedio. Ascoltiamo quotidianamente le richieste e le segnalazioni da parte dei nostri soci, che vedono rovinati centinaia di ettari di semine, vigneti, prati stabili e colture varie. Anche i sindaci ci esprimono solidarietà: oltre che agricolo questo è un problema di ordine pubblico, riguardando la sicurezza stradale e dei centri abitati».

Aggiunge il direttore regionale Cia Giovanni Cardone: «Chiediamo a Ispra un parere sul contenimento e la riduzione del numero di capi selvatici e dei danni che questi apportano all’agricoltura. In Piemonte è in atto una guerra burocratica, tra soggetti che hanno competenze a riguardo e anche tra i cacciatori. Cia ritiene produttivo il ruolo del tutor laddove gli agricoltori non siano abilitati all’abbattimento, ma una parte del mondo venatorio dimostra resistenza su questo tema».

Ispra ha segnalato un situazione di criticità generalizzata in Italia, soprattutto riguardo la popolazione dei cinghiali, con un quadro piemontese di danni elevati: sono stati richiesti oltre tre milioni di euro negli ultimi tre anni, ma resta un indicatore sottostimato – ha spiegato Genovesi – in quanto gli agricoltori tendono a non denunciare più i danni; questo comporta un disagio per Ispra che, in mancanza di segnalazioni effettive, non può restituire alle Amministrazioni Pubbliche un’immagine reale del problema. L’invito Ispra è quindi quello di sporgere la denuncia dei danni subiti, nonostante il ritardo dei pagamenti, o addirittura la loro mancanza.

Anche l’Istituto ammette, come già evidenziato da Cia, che la legge che fornisce il quadro normativo (157/1992) è troppo datata per governare la realtà attuale: in 30 anni, ricorda l’Organizzazione, il numero degli ungulati in Italia è passato da 900mila capi a oltre due milioni. Su questo presupposto, Cia ha depositato al Parlamento la proposta di modifica alla Legge 157/92 che prevede, tra le altre cose, di passare dal concetto di ‘tutela’ e quello di ‘gestione’ della fauna selvatica. Proposta che, ad oggi, non ha ancora avuto risposta dal mondo politico.

Ispra ha commentato il rapporto poco fruttuoso la Regione, anche a causa della mancanza, che perdura da vari anni, dei dati; servirebbe invece una raccolta di informazioni anche geolocalizzate sui danni registrati, provincia per provincia.

Un altro aspetto critico riguarda il mondo venatorio, che non sempre contribuisce al contenimento delle specie perché, in molti contesti, gli ungulati sono vissuti dai cacciatori come una risorsa da preservare. Ha dichiarato Genovesi: «Molte volte l’Istituto ha criticato piani di abbattimento che sembravano selettivi più per motivi culturali che tecnici, dando una proiezione sottostimata di selezione. Ispra chiede un approccio adattativo, basato sui danni registrati e monitorati nel tempo. Anche per il Piemonte, il ruolo del tutor a noi sembra una buona soluzione, sempre supportata dalla necessaria formazione. L’ostacolo talvolta non è amministrativo, ma operativo: abbiamo chiesto al mondo venatorio di farsi parte attiva nella risoluzione del problema, ma la resistenza dei cacciatori complica le cose».

Ispra ha anche commentato che il rapporto con il mondo venatorio, che varia da regione a regione, va costruito e adattato alle esigenze attuali, tenendo conto che l’età media dei cacciatori, nella nostra regione, è di 52 anni, e servirebbero politiche amministrative che tendano ad un tipo di caccia più moderna.

L’Istituto riporta i dati 2017 riguardo i cinghiali cacciati: in Piemonte sono stati 20 mila (la quasi totalità in braccata, mille capi in selezione e 5 mila in controllo), mentre in Toscana sono stati 90 mila (più di quattro volte i numeri del Piemonte, e nonostante ciò non si è ancora risolto il problema).

Commentano Ameglio e Viarenghi: «Guardando la situazione attuale, confermiamo che la legge scritta 30 anni fa non tiene più sotto controllo la situazione. Una situazione straordinaria richiede una normativa straordinaria, o comunque rivista per le esigenze attuali».

Cia Piemonte ringrazia Ispra per i pareri espressi, sia sul piano tecnico che valutativo, e continua il lavoro di proposta e sensibilizzazione verso i soggetti istituzionali con potere in materia.

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