Acqui TermeConcerti

Si lavora per il Festival Interharmony 2018

Acqui Terme. Anche un concerto “wagneriano” (non nella sostanza, ma nella forma, con un recital della durata di quasi quattro ore, che si è concluso verso l’una e un quarto di notte!!!) tra gli ultimi appuntamenti dell’estate InterHarmony.

A ribadire la conferma di un dato. Che riteniamo il primo per importanza. Ed è questo.

La stagione musicale e i corsi che Misha Quint ha portato nella nostra città son stati capaci di dispensare inedito entusiasmo e una energia mai vista. E non poteva essere diversamente, in considerazione della gioventù musicale, davvero vocata alla musica e alla interpretazione, che ha fatto risuonare di note e di tanti timbri, durante il giorno, le vie della città (Piazza Duomo, Via alla Bollente, Via XX Settembre, e altre ancora), dando appuntamento poi, alla sera, a concerti di clamorosa qualità.

Acqui come Torino. Il turismo culturale che finisce per mettere in secondo piano le vecchie identità (ma che ulteriore spinta se, da noi, le Terme tornassero in auge…).

Ma torniamo all’esperienza delle quattro ore d’ascolto: è successo mercoledì 26 luglio nella Chiesa (altro gioiello per la musica) di Santo Spirito.

Per Acqui tante “prime esecuzioni assolute”: dalla Fantasia di Lees (1924-2010) al Preludio amazzonico n.2 del Pimenta (classe 1957, un autore contemporaneo), con entrambi i pezzi per piano solo; e poi – sempre tra quelli che più ci hanno impressionato – il Quintetto violino clarinetto, corno, cello e piano op. 42 del Fibich (1850-1900) e il Sestetto op. 37 (stesso organico cameristico più il clarinetto) di Dohnanyi (1877-1960).

E altre 22 (ventidue!!) pagine che, oltre a far riferimento ai più classici Autori (Bach, Beethoven, Brahms, Liszt) chiamavano in causa Ginastera e Kasputin, Chausson (con la Chanson perpetuelle), Britten e Ferrari… Senza contare, tra gli ultimi brani, anche il primo tempo del Concerto per violino op.35 di Tchaikovsky, con il pianoforte a sostituire l’orchestra.

Voci e strumenti ad alternarsi, solisti ed ensemble; la curiosità per brani mai ascoltati e il fascino di gustare “dal vivo” quanto si è sempre ascoltato in CD o alla radio. Inevitabile, più che normale e comprensibile, una progressiva rarefazione del pubblico, ma in tanti, sino alla fine, han voluto fermarsi. Davvero soggiogati dalla forza dell’arte dei suoni. Di quella disciplina musicale che qualche ministro, qualche pedagogista un giorno ci spiegherà perchè così poca importanza assume nel curriculum scolastico del nostro Paese.

Ora, per noi, è necessario svolgere i “compiti”, in vista del 2018

E se, come sembra, quello di InterHarmony è un “arrivederci al prossimo anno”, venga l’augurio e la sollecitazione al Comune e all’assessore Terzolo affinché, sin d’ora, si metta al lavoro per coordinare le date del Festival con gli altri eventi (banale rilevare che le manifestazioni all’aperto “con watt” non debbano confliggere con i recital; c’è, poi, sempre il problema della sovrapposizione di date; che è questione sempre attuale: anche la sera del 24 agosto non lascia alternative: o i Fortunelli in cattedrale, o i mandolini nel chiostro di San Francesco), per migliorare, in merito a diversi dettagli (che possono sembrare marginali e non lo sono) il contesto musicale. E, soprattutto, per far conoscere fuori città (ad astigiani, alessandrini, langhetti e liguri…) l’esistenza di una manifestazione che chi ama il repertorio classico non deve proprio perdersi.

[…]  Giulio Sardi

(da L’Ancora n.31 del 27 agosto 2017)

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