Acqui Terme

I maltrattamenti al giovane migrante filmati e messi sul web

Acqui Terme. La scena, interamente registrata con l’ausilio di un telefonino e immancabilmente postata su facebook, è piuttosto eloquente. Si vede un ragazzo di colore, probabilmente minorenne come i suoi aggressori, ammirare la fontana di epoca Romana proprio a fianco del palazzo comunale. Subito gli si avvicina un ragazzo con una canottiera nera che, probabilmente “caricato” dalla ripresa delle immagini e dalle risate dei compari che assistono, inizia a provocare il migrante. “Te ne devi andare!”  gli urla in faccia e continua a girargli intorno.  Gli parla a pochi centimetri dal viso, cerca una lite che però non inizia da maltrattato giovane migranteparte del migrante.  Anzi, quest’ultimo in inglese gli dice: “non toccarmi”. Poi la situazione degenera e il giovane acquese, già identificato e denunciato, inizia a spintonarlo. Con una spinta lo fa sedere sulla panchina a fianco e poi, sempre strattonandolo, lo spinge sul bordo della strada. Infine, lo prende di peso, lo ribalta e lo sbatte a terra. Tutto finisce lì, con il ragazzo di colore semisvenuto, e il branco di bulli che fuggono a causa dell’intervento di un commerciante della zona richiamato dalle urla. Un episodio questo accaduto l’8 agosto scorso e che forse sarebbe rimasto impunito se uno dei quattro (due devono ancora essere identificati) non avesse pubblicato quello che è un esempio di intolleranza e violenza a tutti gli effetti su facebook. Evidentemente credeva fosse possibile farlo visionare a pochi intimi ma i social network, si sa, sono un’arma a doppio taglio e probabilmente fra quei “pochi intimi” c’è stato chi ha cliccato per renderlo maggiormente virale facendolo finire dritto dritto nelle mani dei carabinieri. Con un’indagine lampo i militari del nucleo operativo hanno identificato e denunciato due diciassettenni. Uno acquese e uno residente in un paese limitrofo. L’acquese è stato denunciato per istigazione a delinquere e il secondo per lesioni personali. Un episodio questo che ha suscitato molta indignazione fra gli acquesi non disposti a legare la propria immagine a simili episodi di violenza. Anche se le parti fossero state invertite. Perché infatti la condanna di tutti sta nell’atto di violenza in sé.

Gi. Gal.

Un invito alla riflessione

Il recente episodio di giovani che maltrattano un giovane di colore, giunto in Italia per richiedere asilo, invita alla riflessione sia la comunità cristiana, sia la comunità civile.

Premesso che il problema delle migrazioni è assai complesso e tenuto anche presente che, fino ad ora, l’Italia ha dovuto sobbarcarsi un peso eccessivo al riguardo, non condiviso a sufficienza da altri paesi europei, le seguenti riflessioni mi si pongono:

  1. ogni persona, al di là della razza, del paese di origine, della religione che professa, deve essere rispettata in quanto appartenente, come tutti, al genere umano. Per i cristiani, poi, c’è una precisa indicazione di Gesù, avvalorata dal suo comportamento: ogni essere umano è immagine di Dio ed è frutto della sua redenzione; pertanto merita rispetto ed attenzione.
  2.  Spesso si punta il dito accusatore nei confronti dei giovani e non ci si rende conto che gli adulti sono, almeno in parte, responsabili del loro modo di pensare e di agire. Nel caso dei giovani che hanno malmenato il loro coetaneo africano, ci si deve domandare se certe idee contrarie all’accoglienza degli stranieri non sono un prodotto del modo di pensare di certe famiglie, di certe comunità, di certi gruppi ed associazioni. È urgente, più che mai, “educare alla vita buona del Vangelo”, come hanno scritto tempo fa i vescovi italiani, consapevoli che il Vangelo porta a pienezza l’umanità e quindi semina cultura e civiltà.

Stanno per riaprirsi le scuole, stanno per ricominciare i percorsi educativi e catechistici delle parrocchie e delle associazioni. Auspico che si faccia sinergia tra famiglia, scuola, parrocchia, associazioni e movimenti, affinché queste agenzie educative diventino sempre più luoghi fecondi di educazione integrale.

 + Pier Giorgio Micchiardi – Vescovo

 

I commenti all’aggressione Cooperativa CrescereInsieme

Nella tarda mattinata dell’8 agosto un giovane richiedente asilo accolto ad Acqui Terme in un progetto CAS della Prefettura è stato aggredito da un minore, in un ingiustificabile evento di bullismo gruppale durante il quale l’aggressione è stata filmata. In questi giorni il video è stato postato su Facebook.

La cooperativa CrescereInsieme, responsabile dell’accoglienza del richiedente asilo, al verificarsi dell’episodio ha provveduto alle procedure del caso: segnalando alle locali autorità di polizia e sporgendo denuncia.

Tuttavia, questo ulteriore sviluppo degli eventi ha portato sul caso una attenzione dei social e ci chiama a rispondere a quanti ci interrogano in merito a quanto accaduto.

CrescereInsieme, che da anni si occupa di integrazione e accoglienza su questo territorio, vuole così commentare:

– la violenza fisica agita contro il ragazzo richiedente asilo è anche frutto della dilagante e incontrollata violenza verbale che circola intorno al tema dei migranti, delle difficoltà che la loro presenza sul territorio comporta e della fatica ad incontrare il diverso-da-me.

– La comparsa del video sui social – e la sua virulenta circolazione online e sugli smartphone – sono la prova di una fatica ormai sempre più evidente di distinguere il vero dal virtuale, dei minori come degli adulti; la brutalità dei commenti che si possono leggere (su questo caso, come su molti altri) dovrebbe ferire i sentimenti di ogni uomo e donna, e non dare libero sfogo ad un compiaciuto cattivismo.

– Il fatto che l’aggressore sia un minore e l’aggredito sia un giovane richiedente asilo – ovvero entrambi persone che hanno bisogno di essere tutelate, guidate, aiutate, ed accolte – interroga le coscienze di tutti noi cittadini, sul lavoro da fare per recuperare umanità sul piano sociale, politico e delle relazioni tra le persone. Quando due fragilità si scontrano, invece di incontrarsi per costruire insieme un mondo bello e giusto, il senso stesso del nostro convivere civile viene stravolto e offeso.

– L’indifferenza dilaga, ma non vince. Alla fine del video si vede chiaramente una persona intervenire per arrestare la violenza dell’aggressore. Vogliamo dirgli GRAZIE, di cuore, per aver trovato il coraggio di un gesto così importante. E con lui ringraziare tutti coloro che lavorano per la pace, il bene comune, il rispetto dei diritti e doveri e la democrazia.

Fortunatamente il nostro ospite ad oggi sta bene, è seguito dagli operatori e affiancato dai compagni, anche questa vicenda porta tutti i nostri sforzi a pensare all’importanza del nostro lavoro quotidiano e dall’impegno di tutti per costruire occasioni di incontro, dialogo e amicizia chiamando al nostro fianco istituzioni e cittadini di buona volontà.

Sindaco Lorenzo Lucchini

È un atto vergognoso e ritengo che accostare Acqui Terme a questo gesto costituisca un danno di immagine notevole. Non nascondo di essere molto irritato. Azioni di questo genere mi feriscono personalmente. Provo imbarazzo, sia come cittadino sia come amministratore, dover commentare le immagini di questa aggressione. Sono atti gravi che rigetto e che non hanno nulla da spartire con Acqui Terme. Mi sento in dovere di chiedere scusa a nome di tutta la città. Intendiamo, come amministrazione, costituirci parte civile nel processo e stiamo verificando le procedure con i nostri legali. In tempi brevi vogliamo incontrare la persona che ha subito l’aggressione per mostrargli la nostra vicinanza e ringraziare il giovane ragazzo che è intervenuto per allontanare l’aggressore.

A.N.P.I. Pietro Minetti “Mancini” di Acqui e A.N.P.I. Valbormida “Donne Partigiane”

L’A.N.P.I. Pietro Minetti “Mancini” di Acqui e l’A.N.P.I. Valbormida “Donne Partigiane” intende proporre alcune riflessioni sull’increscioso fatto che la scorsa settimana ha portato la città di Acqui all’attenzione dei maggiori media nazionali. Tutti abbiamo visto il video che riporta quattro ragazzi acquesi umiliare e picchiare un ragazzo di colore fino a gettarlo a terra e tante sarebbero le considerazioni da fare, sulla violenza immotivata che si annida nei nostri adolescenti, sugli effetti del bullismo mescolati al razzismo, sulla rilevanza mediatica che è stata data a quanto accaduto, sul fatto che nulla è reale finche non è “social” e che Acqui si sia scoperta razzista da un giorno all’altro per un fatto accaduto in realtà 20 giorni prima (e chissà quanti gesti analoghi non vengono scoperti perché non on-line). Tuttavia vorremmo porre piuttosto l’attenzione sulla responsabilità degli acquesi.  Il fatto risale all’8 agosto e dopo che il video ha fatto il giro dei social abbiamo visto i nostri concittadini indignarsi, giustamente, per quanto accaduto.  Ma perché questo è successo? Cosa si poteva fare per evitarlo? Dal video si vede chiaramente che uno dei quattro ragazzi provoca ripetutamente il giovane richiedente asilo prima di scagliarcisi contro; perché nessuno è intervenuto finchè il ragazzo non è finito a terra, neanche con un grido o una parola? Infine una sola persona ha agito con coscienza e responsabilità, bloccando il bulletto ed evitando che la cosa degenerasse ulteriormente.

La nostra è un’associazione dedita soprattutto alla Storia e alla Memoria e uno degli interrogativi che spesso ci si pone è come può essere avvenuto che nel corso del Novecento abbiano potuto instaurarsi in Europa dittature così violente con l’appoggio della popolazione. In  Italia non erano tutti fascisti, così come gli acquesi non sono tutti razzisti, forse, in fondo, nemmeno i ragazzi del video,che sono cresciuti in una dimensione molto più interculturale di quella dei loro genitori. Eppure, in un giorno di mercato, proprio sotto il municipio, quattro ragazzi hanno potuto umiliare e picchiare un altro ragazzo sotto gli occhi indifferenti di tutti. Ma davanti a certi atti, fare finta di niente, e magari poi condannare in privato o attraverso uno schermo, vuol dire complicità. C’era così tanta differenza tra chi inneggiava il Fascismo con convinzione e violenza e  chi si limitava a fare massa, a non protestare e a digerire acriticamente le parole del Duce? Certo che c’era, ma senza i secondi poco avrebbero potuto fare i primi. Questi ragazzi sono figli della nostra città, respirano il clima che noi stessi abbiamo creato, leggono tutti i giorni i post pieni d’odio che molti nostri concittadini pubblicano su Facebook, sentono continuamente gli adulti lamentarsi se qualche ragazzo di colore chiede loro una monetina o addirittura se sta semplicemente seduto con altri in piazza. Per questo la responsabilità di quanto è accaduto non ricade solo su quei quattro ragazzi, ma sulla cittadinanza intera, su quelli che quel giorno hanno visto e non sono intervenuti, su quelli che riempiono le bacheche dei social di commenti violenti e razzisti, su coloro che per certe cose hanno smesso di indignarsi e su coloro che si indignano ma hanno smesso di sperare. Viviamo in un’epoca che sempre più tende a isolare ogni persona nel proprio individualismo, senza più nessun senso di comunità e spirito civico; il legame naturale che ognuno ha con il posto in cui vive si trasforma spesso in un senso di appartenenza distorto, che tende ad escludere anziché accogliere. Ed è per questo che quanto è successo deve risvegliare la coscienza di ogni Acquese, perché se si vuole vivere in una città migliore non basta lamentarsi, ma quella città migliore è necessario costruirla quotidianamente con i propri gesti, guardandosi attorno e prendendosi cura di ciò che accade.

 Monica Cerutti, assessora all’Immigrazione della Regione Piemonte

Sono preoccupata. Esprimo la mia vicinanza e piena solidarietà al richiedente asilo, picchiato da due ragazzini alessandrini, che hanno filmato l’aggressione, poi postandola sui social network. Siamo di fronte ad uno dei tanti segnali che non possiamo più ignorare. Il livello della discussione sulla questione migranti e immigrazione ha assunto in Italia toni che non sono più accettabili. Stiamo dando ai nostri ragazzi un pessimo esempio e stiamo fornendo finti alibi che possono indurre i più fragili ha commettere azioni anche criminali.

I messaggi che una certa politica e un certo giornalismo stanno facendo passare possono diventare propulsori di istinti xenofobi e razzisti. Il lavoro per favorire l’inclusione e l’accoglienza non può essere messo a repentaglio per una manciata di voti o per qualche copia di giornale venduta in più.

Dobbiamo parlare di immigrazione e dobbiamo risolvere i problemi che ci sono, ma dobbiamo farlo in modo concreto e reale. Si tratta di un tema troppo delicato che non può essere strumentalizzato perché il rischio è che le conseguenze siano sempre più gravi. Il mio non è allarmismo, ma la fotografia che emerge in questi giorni è nella maggioranza dei casi lontana dalla realtà in quanto manca un pezzo importante, ovvero tutte le esperienze positive che sono sempre più “normali”‘, e la messa in evidenza dell’apporto economico e sociale dato dalla popolazione straniera in Italia

Daniele Viotti parlamentare europeo PD

Fatti come quelli che hanno visto oggi un giovane richiedente asilo picchiato ad Acqui sono gravissimi e si commentano da soli.

Ricordiamoci però che tutto questo è diretta conseguenza di un dibattito isterico, portato all’eccesso da una politica allarmista che soffia sulla paura e genera nemici ad hoc da neutralizzare ad ogni costo e con ogni mezzo.

Dobbiamo darci tutti quanti una calmata. Lo dico anche a quanti nel mio partito continuano a pensare che il pugno di ferro sia la strategia migliore per risolvere situazioni che sono, soprattutto, drammi umani.

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