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L’omelia del Vescovo emerito mons. Micchiardi nella messa di commiato e di ringraziamento (VIDEO)

«Carissimi, L’apostolo Paolo (l’abbiamo ascoltato poco fa) ci ha richiamato la sua passione per l’annuncio del Vangelo: “Guai a me, se non annuncio il Vangelo … tutto io faccio per il Vangelo”.

Dopo il suo incontro con Gesù sulla strada di Damasco, Anania, a cui il Signore I’ha inviato, gli ha detto: “Tu sarai testimone, davanti a tutti gli uomini, delle cose che hai visto e udito”. L’apostolo Paolo ha messo in pratica, nella sua vita, questa missione ricevuta da Gesù e, così ha imitato il Maestro, il quale, come abbiamo sentito proclamare nel brano di Vangelo, ha detto ai suoi discepoli che lo volevano trattenere a Cafarnao: “Andiamo altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto”.

Le parole di Gesù e quelle dell’apostolo Paolo, che sono risuonate, oggi, alle nostre orecchie, ci richiamano la vocazione della Chiesa.

La Chiesa è stata voluta da Gesù, perché continuasse la sua missione nel mondo intero e lungo i secoli: annunciare la gioia del Vangelo e offrire a tutta I’umanità la possibilità di comunicare con Dio stesso. Ce lo ha ricordato con autorevolezza il Concilio ecumenico Vaticano II, nella costituzione dogmatica sulla Chiesa: “Essendo Cristo la luce delle genti, questo Concilio, ardentemente desidera, … con la luce di Lui, splendente sul volto della Chiesa, illuminare tutti gli uomini annunciando il Vangelo ad ogni creatura”. E poco dopo afferma che “la Chiesa è, in Cristo, come un sacramento, o segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano”. [Lumen Gentium a, passim].

Papa Francesco, nel documento programmatico “La gioia del Vangelo”, scrive: “In questa Esortazione desidero indirizzarmi ai fedeli cristiani, per invitarli a una nuova tappa evangelizzatrice marcata da questa gioia e indicare vie per il cammino della Chiesa nei prossimi anni”.

Oggi, dando il saluto a tutta la Diocesi dopo 17 anni esatti dall’inizio del ministero in essa e affidando questa comunità al nuovo Vescovo, il confratello Luigi, mi interrogo su come I’impegno di annunciare la gioia del Vangelo, offrendo la salvezza del Signore alle persone, è stato vissuto da me e da questa Diocesi, a cui sono stato inviato come pastore.

Sottolineo il fatto che, nell’interrogativo che mi pongo, non mi riferisco solo a me, ma a tutta la comunità, ricordando quanto diceva Sant’Agostino: “Vescovo per voi e cristiano con voi”.

Nel dare una risposta a questa domanda, ben consapevole che i! giudizio autentico è prerogativa di Dio e anche consapevole della saggezza della frase manzoniana: “Ai posteri I’ardua sentenza”; prendo spunto da alcune espressioni dell’apostolo Paolo, riportate nei testi liturgici della festa della sua conversione.

  • a) L’apostolo dice: “Mi glorio della mia debolezza, perché abiti in me la potenza di Cristo”.

Pensando a questi 17 anni mi tornano in mente i miei limiti, i miei sbagli, i miei peccati e anche le miserie umane dei cristiani della Diocesi, che certamente hanno offuscato la luminosità del volto della nostra Chiesa

  • b) Ricordando, tuttavia il messaggio stupendo dell’anno santo della Misericordia, penso proprio di poter ripetere, per me per tutta la Diocesi, con San Paolo: “Ci gloriamo delle nostre debolezze, perché abiti in noi la potenza di Cristo”.

E tale potenza di Cristo si è fatta notare sul volto della nostra Chiesa diocesana: quante belle realizzazioni nel campo della catechesi, della liturgia, della carità. La potenza di Cristo, che è potenza di santità e di amore, si è fatta notare in modo eminente sul volto di alcuni nostri diocesani, proclamati ufficialmente modelli di vita dalla Chiesa, o in attesa di tale proclamazione: penso al vescovo San Giuseppe Marello, alla Beata Chiara Badano (voglio rammentare anche Ia Beata Teresa Bracco, proclamata beata prima che io giungessi ad Acqui. Beata e martire: non dimentichiamo questo particolare). Penso a Monsignor Stefano Ferrando vescovo missionario dichiarato venerabile; penso a Madre Teresa Camera, a Madre Leonarda Boidi e a Don Sebastiano Zerbino, a fra Gioacchino Ramognino, i cui processi di canonizzazione sono stati avviati negli anni scorsi.

AIlora: grazie, Signore, perché la tua grazia non ci ha abbandonato e non è stata in noi vana.

Un grazie ci diciamo gli uni agli altri, perché tutti abbiamo, in qualche modo collaborato ad aiutarci nel compito gioioso di testimoniare i! Vangelo. Perdono, Signore, per le nostre debolezze; nonostante queste, si è rivelata in noi la tua forza. Riconoscendo le nostre debolezze e perdonandoci anche a vicenda, ci rendiamo maggiormente conto che ha operato in noi la potenza di Cristo.

Oggi, certo, prevale in noi l’attenzione a guardare al passato, ma non possiamo pensare, almeno per un momento, al futuro. Futuro che è nelle mani di Dio e che avrà come guida il Vescovo Luigi, al quale, dopo che al Signore, vi affido con fiducia e che ringrazio di cuore per aver accolto la chiamata del Papa ad essere il novantacinquesimo pastore di questa Chiesa diocesana.

Mi permetto di offrire due indicazioni per il futuro impegno di evangelizzazione. Impegno urgente, giacché sono convinto che il nostro mondo ha bisogno di scoprire Ia bellezza della fede Cristiana, perché, come scrive Papa Francesco: “La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù”.

Le indicazioni mi sono suggerite dall’atteggiamento di Gesù quale appare dal brano di Vangelo. Gesù è I’evangelizzatore per eccellenza; è Lui la Buona Notizia

  • a) E Gesù, evangelizzatore, dedica molto tempo (anche notturno) alla preghiera. Colloquia a tu per tu con il Padre.

Per essere evangelizzatori efficaci è necessaria la comunione profonda di vita col Signore Gesù, che ha come sorgente ineludibile la preghiera (“Per me vivere è Cristo” – scriveva San Paolo).

  • b) Inoltre Gesù coinvolge i suoi Apostoli nell’opera evangelizzatrice. Non dice: “me ne vado perché predichi anche la”. Dice: “andiamocene altrove, perché io predichi anche la”.

Egli poi invierà i suoi discepoli in missione a due a due. Per significare che I’annuncio de! vangelo è più efficace se testimoniato dalla carità fraterna.

Queste due indicazioni sono ben riassunte, mi pare, nella risposta di Pietro e Giovanni ai Ioro accusatori: “Noi non possiamo tacere ciò che abbiamo visto e ascoltato” (Atti 4, 20). L’esperienza personale e comunitaria di vita con Gesù di Nazareth non permetteva loro di tacere quanto avevano vissuto. E insieme volevano testimoniare la gioia del Vangelo.

Così sia, per voi, cari fratelli e sorelle; così sia per me nell’ultimo tratto di vita che mi attende. AMEN».

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