Cairo M.tte

Federalberghi Savona lancia un grido di allarme

Savona. I parametri individuati da Regione Liguria per assegnare i ristori agli albergatori non rispecchiano la realtà. Vanno rivisti, altrimenti decine di attività rischiano di rimanere escluse e non percepire nemmeno un euro.

Andrea Valle

Federalberghi Savona lancia un grido di allarme, dopo che la Regione ha individuato ben 6.300 imprese tra i potenziali beneficiari degli aiuti contemplati dal decreto “Ristori Quater”. I fondi a disposizione ammontano a 7,7 milioni di euro, ma, se da una parte sono state comprese attività che sono chiuse da tempo, benché comprese negli elenchi forniti dalle Camere di Commercio liguri, dall’altra restano fuori molti alberghi che stanno combattendo per superare il periodo di crisi e dare continuità all’attività. Il pericolo è che non bastino i soldi stanziati, circa mille euro per ciascuna azienda, specie se l’elenco è falsato da imprese inesistenti da anni.

Ora, per superare l’empasse, le Camere di Commercio invieranno una pec per controllare i requisiti e filtrare i beneficiari. Ma nel frattempo si allungano i tempi per ottenere i ristori.

«Il problema principale riguarda il calcolo dei dipendenti – denuncia il presidente provinciale di Federalberghi, Andrea Valle -. I criteri individuati dalla Regione prevedono che i ristori vengano assegnati alle aziende con meno di nove dipendenti. La reale gestione degli alberghi, però, non può essere inquadrata in parametri così rigidi, ma bisogna tenere conto del periodo di occupazione e del tipo di contratto di assunzione o chiamata. Le nostre realtà hanno solitamente più di dieci dipendenti in estate, ma il personale scende a poche unità o addirittura nessuno a gennaio. In base a una prima analisi con questo calcolo sono rimaste ingiustamente escluse dai ristori dal 20 al 30% degli alberghi. Abbiamo avviato una ricognizione interna in modo da avere un quadro preciso».

Per Federalberghi bisogna tenere conto del calcolo “Ula” (Unità lavorative per anno), che è l’indicatore che fotografa e standardizza le ore e le giornate lavorative di un’attività imprenditoriale. Proprio l’“Ula” è il dato che viene preso in considerazione nei bandi a livello nazionale.

«Visto che tra le microimprese vengono inserite tutte quelle che occupano meno di 10 persone – aggiunge Valle -, per gli alberghi, categoria 55.10, andavano presi in considerazione altri fattori molto importanti: i dipendenti assunti, che essendo quasi tutti a carattere stagionale sono da riferire a un periodo temporale di 5-6 mesi all’anno. Inoltre non sempre a un addetto assunto corrisponde una unità, in quanto lo stesso può essere inquadrato con un contratto part-time o addirittura intermittente».

Il calcolo dell’“Ula”, anziché il mero numero dei dipendenti, permetterebbe dunque a parecchie realtà di rientrare nei parametri e quindi di beneficiare dei ristori: mille euro, visto che gli alberghi sono stati compresi in seconda fascia, tra le attività a chiusura parziale.

«Questo aspetto va affrontato in tempi rapidissimi – continua Valle -. Stiamo vivendo un momento molto complicato: il turismo fatica, non riusciamo a lavorare e neppure abbiamo una data che permetta di capire cosa ci aspetta in futuro. Il piano ristori, però, è andato avanti senza che nessuno ci abbia interpellato: se la Regione si fosse confrontata con noi, avremmo segnalato subito il problema. Inoltre i dati sono stati chiesti alle Camere di Commercio, ma prendendo in considerazione elenchi superati, che addirittura comprendono aziende chiuse, anziché le nostre, che sono aperte».

RCM

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